Pinacoteca Accademia dei Concordi

Orazione nell’orto
Francesc0 Morone (Verona, c.1471-1529)
Olio su tela, 75 x 64 cm

Rif. FA.LU.T0546

La tela, a differenza di quanto si afferma di solito, non proviene dalla raccolta Casilini, ma dal legato Silvestri, con un riferimento ad Andrea Mantegna. I Berenson (1901) propose la paternità del Buonconsiglio; il Borenius (1912) la ritenne opera del Fogolino: di recente il Valcanover (1962), ritenendo insoddisfacenti tutte le opinioni critiche fino allora espresse, riferì l’opera a Scuola veronese dei secc. XV-XVI. Ma la notevolissima qualità della tela consente certo di spingersi più in là: poiché non è dubbio che nell’atmosfera untuosa

che scivola sul manto di Cristo, nella tipologia dei volti e nel paesaggio, vi sono i moduli caratteristici di Francesco Morone, secondo un prezioso suggerimento di Federico Zeri. Del resto, l’idea degli Apostoli dormienti reggendosi la testa con la mano ritorna nel giovanile trittico di Tregnago del Museo di Castelvecchio a Verona, dove le figurette dei pastori nel lontano sopra la capanna hanno non pochi riscontri con quelle dei due armati nel fondo di questa tela; ma l’inusitata vastità paesistica, in cui la vischiosa luce lombarda si intride di locuzioni vicentine, nel sasso fossile in primo piano, o di accenti fiamminghi, nei due bellissimi iris, e, nella roccia sovrastata dal Padreterno, la forma paesistica del Pseudo-Boccaccino sembra virare verso formulazioni giorgionesche, impongono una datazione più tarda, posteriore alle ante d’organo ora a Marcellise, che Francesco Morone

s’impegnò ad eseguire, assieme a Girolamo Dai Libri, nel novembre 1515. I tipi fisici ben si accostano, infatti, a quelli della Madonna col bambino del Museo Civico di Padova, o della Lavanda dei piedi di Castelvecchio, databili, secondo il Del Bravo (1962, pp. 15-16), attorno al 1520. La tenuta stilistica lombarda, quasi presavoldesca, tipica del Morone, si attenua in questa, come nelle altre opere del periodo, anche per i richiami al Cavazzola; ma la roggia coi mulini in prospettiva, le mura che chiudono la cittadina, la corrosione atmosferica delle torri calcinate dal sole, ci portano alle vecchie preferenze di Francesco, nella somiglianza, ad esempio, con lo squarcio paesistico della pala di S. Maria in Organo, datata 1503. Si tratta dunque di una notevole tela dell’ultima attività di Francesco Morone.