Giovanni Bellini: Madonna col Bambino

Pinacoteca Accademia dei Concordi


Madonna col Bambino
Giovanni Bellini (Venezia 1430-1516)
Tempera su Tavola, cm 77 x 35.5
Rif. FA.LU.T0540

L’opera, come risulta dal “Libretto spese di viaggio Venezia fatto con mio cognato Campanari per acquisto di quadri conservato presso l’Accademia dei Concordi, fu acquistata il 13 dicembre 1795 dal nobile Giovanni Francesco Casilini che incaricò nel 1799 il pittore Diziani di effettuare il restauro per riportarla “al suo antico lustro“.

Il dipinto, che fa parte delle numerose Madonne col Bambino prodotte da Giovanni Bellini e dalla sua bottega ed è pervenuta all’Accademia stessa tramite il lascito Casi-lini, è una tempera su tavola ove la figura della Vergine, avvolta in un ampio manto rosso, è rappresentata di tre quarti in atteggiamento affettuoso e riflessivo nell’atto di sorreggere un pensieroso Bambino, insolitamente vestito con un abito a mezza tunica. Entrambe le figure sono messe in risalto da un cielo chiarissimo, quasi trasparente, che dona a esse una parvenza statutaria e le colloca in uno spazio indefinito, delimitato unicamente da un parapetto di marmo sul quale è apposto il cartellino con la firma dell’autore: “IOANNES BELLI / NVS.P.”. La Vergine guarda il Bambino con tenerezza e sembra volerlo trattenere e sostenere con le grandi mani. Anche il Bambino rivolge a lei lo sguardo e appoggia sopra il parapetto, equivalente metaforico della tomba o dell’altare eucari-stico, un piedino, quasi a voler oltrepassare lo spazio del quadro per proiettarsi verso l’osservatore. L’abbraccio della Madre non rivela solo tenerezza materna, ma anche desiderio di dare protezione: è il Cristo eucaristico che, per la partecipazione del suo sacrificio, la Vergine Maria presenta alla nostra adorazione. Trattasi di una rappresentazione che, nuova nello stile e al contempo tradizionale per il soggetto di derivazione bizantina, è rivolta a suscitare nell’osservatore uno stato contemplativo e riverente, in quanto, per mezzo di essa, sorge un rapporto diretto e spirituale con le figure sacre per il fondamentale significato espresso: il preannuncio della passione di Cristo. Questa immagine, infatti, priva di elementi ornamentali, tende a suscitare nel fedele una devozione intima e profonda; le due figure sembrano in effetti esistere in un regno tutto loro che è possibile capire solo comprendendo il significato del loro tenero sguardo e in particolare dell’espressione del Bambino, che pare meditare sul compito che lo attende come Redentore dell’umanità. L’appartenenza dell’opera a Giovanni Bellini non fu mai messa in discussione, ma fu Cavalcaselle (1871) a valorizzarla per primo, e ciò nonostante le difficoltà di valutazione dovute alle ridipinture e al fondo a paesaggio del tutto estraneo all’originale. Solo con l’intervento eseguito nel 1949 da Pelliccioli è stato possibile mettere in luce l’alta qualità dell’opera, dando luogo a un lungo dibattito sulla sua datazione, oscillante, a seconda dei critici, fra il 1470 e il 1480 circa. È da osservare in merito come nella presente tavola alcune assonanze stilistiche derivate da Mantegna, quali ad esempio la rigorosa precisione grafica dei capelli del Bambino e la definizione plastica delle figure, si stemperano attraverso la luce e il colore e si addolciscono dinanzi a un religioso silenzio paesaggistico, preannunciando la grandiosa e limpida struttura spaziale e l’intensa luminosità del colore dell’Incoronazione della Vergine nella pala di Pesaro, che fu eseguita tra il 1471 e il 1474 e che rivela in Bellini la conoscenza e la comprensione dell’opera di Piero della Francesca e dei contemporanei maestri fiamminghi.